Lu Ciancialone
Culto di San Leone e festa patronale.
Ultima modifica 10 dicembre 2022
Culto di San Leone e festa patronale. Un rito questo, che affonda le sue radici nel XV secolo
In quegli anni erano numerose le scorrerie dei Turchi sulle coste abruzzesi, alcune città come Ortona e Francavilla non si salvarono da tale impeto, mentre in casi più fortunati come a Tollo, Pescara, Atri e Silvi si riuscirono a respingere tali attacchi attribuendone la salvezza all’intervento miracoloso di un Santo: nel caso di Silvi, San Leone.
Una leggenda narra che all'epoca i Turchi sbarcarono nel porticciolo del Cerrano e, dopo avere saccheggiato tutto quello che di utile c'era, si diressero verso la città Silvi. Mentre la popolazione si preparava a difendersi, si narra che un giovane di nome Leone, scese dalla collina con una fiaccola in mano e li affrontò. Più correva e più la fiaccola emanava una luce intensa ed incandescente, tanto che gli invasori credettero che un intero esercito fosse lì ad aspettarli e per paura di perdere il bottino già conquistato, si ritirarono.
Perciò una volta scongiurato il pericolo tutta la città festeggiò il coraggio del giovane Leone, proclamandolo eroe cittadino. Da allora si ripete ogni anno nel mese di maggio, la manifestazione detta "Lu Ciancialone", in ricordo di quest’evento miracoloso. Silvi rivive con il medesimo fervore tutta la fase di preparazione della gigantesca fascina e accensione del fuoco salvatore. La preparazione di questo evento prevede il coinvolgimento di tutti i cittadini, grandi e piccini, nel reperire arbusti di canne e assemblarle insieme sino a formare un gran fascio.
Giunti al giorno della manifestazione, il pesantissimo e imponente fascio di canne, viene adagiato su un’enorme slitta di legno e trainata a mano con delle funi sino a raggiungere la piazza principale del Paese dove, sollevato faticosamente con delle corde dinnanzi alla Chiesa, il cittadino più coraggioso, solitamente un giovane locale di nome Leone (come il Santo patronale), si recherà con l’ausilio di una scala ad accenderlo sulla sommità. Da qui si apre la festa, che si protrae tutta la notte fino al suo spegnimento. Intorno al falò la gente canta e balla finché non rimane che cenere.
Oltre ad essere simbolo della cacciata dei Turchi ed evocare il coraggio del leggendario Leone, l’accensione del fascio è anche un fuoco solstiziale e propiziatorio che si lega da sempre ai riti di purificazione praticati nelle campagne e davanti alle chiese per ballarvi intorno. Un rituale antico quanto l’uomo, praticato dagli agricoltori nei periodi dei solstizi, che basandosi sull’identificazione del sole con Dio, miravano a celebrare i ritmi vitali della natura in stretto contatto con i mutamenti della potenza solare, e a pregare Dio che proteggesse la raccolta, la semina e le attività agrarie. Il rito dunque unisce la sacralità del fuoco propiziatorio, essenzialmente pagano, alla religiosità popolare in onore di S. Leone.